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LAVORO? di F. Maletti

Tra “lavoro che non c’è”, Jobs Act, lavoro che c’è e lavoro che non si vede. L’opinione di uno che se ne intende.Oltre gli slogan e le illusioni, la sostanza. 
Se il lavoro ha cambiato verso non si può cambiare verso al lavoro, ma regolamentarlo diversamente tenendo conto dei mutamenti intervenuti.

Ricordo che, sul finire degli anni sessanta del secolo scorso, nel periodo di massima espansione della società industriale in Italia, uno dei problemi che si ponevano gli esperti era quello di come riuscire a conciliare l’impetuoso progresso tecnico con una struttura dell’occupazione che fosse in grado di reggere il confronto. Si notava come, durante l’evoluzione tecnologica, il tempo intercorso tra la scoperta ed il suo sfruttamento commerciale tendesse a ridursi drasticamente: fino a sfiorare lo zero. Infatti, mentre per la fotografia erano occorsi 112 anni, per il telefono “soltanto” 56, per la radio 35, per il radar 15, per la TV 12, per l’energia atomica 6, per il transistor 5. Tutto questo poneva già allora dei seri problemi di adeguamento tra domanda e offerta di lavoro: mentre dalla parte della domanda erano richiesti al lavoratore un livello culturale ed una preparazione progressivamente superiori, dalla parte dell’offerta i tempi di preparazione, di formazione e di adeguamento dei lavoratori diventavano quasi zero.

IO BIO, EGLI MANGIA, TU PAGHI!

Questa brutta  politica  riesce a sporcare perfino ciò che è davvero importante per l’economia e la cultura di questo paese. Eccovi la storia dell’Associazione “Città del Bio” e della sua sede nazionale. La politica a sbafo.

Lo sanno bene i cittadini di Grugliasco che le mense scolastiche della città vantano una storia di forniture provenienti da coltivazioni biologiche (quando ancora non era di moda) e l’elaborazione di una dieta che ha fatto scuola in Italia, insieme a quella di altri comuni sensibili al tema, Cesena in testa.
Cosa siano diventate oggi le belle storie di vent’anni e più fa, lo rinvio ad altri post del blog (leggi): frutto di una politichetta sempre più schifosa, fatta da mediocrità insopportabili perfino per i loro stessi pari. Ma i cittadini se li votano, dunque ...
Ebbene, accade un giorno che proprio a Grugliasco nasca un’Associazione Nazionale “Città del Bio”, destinata a mettere in rete le esperienze di promozione e sostegno all’agricoltura biologica, incentivando i mercatini, rilanciando le esperienze di mense pubbliche bio, e chi più ne ha, più ne metta. Raccoglie numerose adesioni, in po’ in tutta Italia, specialmente da comuni agricoli o a vocazione agrituristica.

FARE IL SIGNORE COI SOLDI DEGLI ALTRI

La storia che vado a raccontare ha tutte le caratteristiche per diventare lo specchio di un paese istupidito fin dalle fondamenta dalla propaganda scambiata per buon senso
Il tendone
Location: un centro culturale ristrutturato con fondi europei, pieno di locali e di spazi di pregio inseriti in un parco al centro della città.
Personaggi & interpreti: una sedicente Cooperativa molto ben introdotta in Regione e capace di convogliare sulle sue imprese finanziamenti pubblici rilevanti, sindaco contaballe, assessore “marziano”, un manipolo di consiglieri comunali capaci di dondolare il capo come facevano i cagnolini di peluche a vista sul cruscotto posteriore delle auto dei nostri nonni.
In un “parco culturale” di una ridente cittadina del selvaggio west dopo decenni di fatiche i lavori di ristrutturazione e di recupero del giardino e degli immobili si avvia finalmente a conclusione. La città apprezza questo gioiello situato proprio nel suo centro, anche se i cittadini cominciano a lamentare che è sempre chiuso, apre quasi solo in occasione delle feste di regime. Pazienza: le cose cambieranno, prima o poi, ci penserà Renzi!
Un bel giorno la notizia: il Comune ha deciso che nel giardino – quello dove si allestiscono gli spettacoli estivi – sorgerà un tendone permanente. Ci sono già i finanziamenti, serve proprio un posto dove fare gli spettacoli d’inverno, è una cosa stupenda per la città, eccetera.

LA SCUOLITE

In tempi di “annuncite” e di altre patologie che segnalano la trasformazione della realtà in virtualità, anche la scuola…
La bua dello studente
Non stavo bene”, ti dice lo studente assenteista con l’occhio finto-spento a cercare di supportare il concetto che ha appena espresso.
Stava talmente male che si sta già ingozzando di pizza sintetica e coca-cola, eppure non sono ancora le nove del mattino.
Eh, prof, non posso mica parlare con lei di queste cose da donne”, allude la fanciulla che ha il ciclo tre o quattro volte al mese, così regolare che spacca il secondo. E giustifica l’uscita anticipata per forti dolori, proprio come quel suo compagno che, in odore di interrogazione, ha preferito stare male dalle 9 alle 10, guarire alle 11,30 e poi riammalarsi verso le 13, in tempo per schivare l’ultima ora, quella fatale.
Il virus della scuolite gira come un pazzo per le scuole, colpisce quelli predisposti, dal sistema immunitario indebolito da pomeriggi a giocare col pc o a trastullarsi in altri modi che è meglio solo evocare. O anche solo acciaccati dall’inattività forzata, o ancora dagli sforzi per sfuggire ai redde rationem della vita, perfino intaccati nel profondo dall’ansia di non farcela a schivare gli assalti degli adulti vogliosi di prestazioni secondo le loro aspettative esagerate, genitori o insegnanti che siano.
Di qui la scuolite, che si manifesta in varie forme e con sintomi non sempre identici.

LA CASERMA CHE NON C’E’

Il senso del futuro resta solo nelle roboanti dichiarazioni di chi ne parla. E che spesso se lo mangia davanti ai nostri occhi.
Domani è un altro giorno…
In sintesi, questa la storia. L’amministrazione comunale della mia città prende un campo sportivo e, con una variante al Piano Regolatore, lo trasforma in palazzi. Dato che ne vuole fare tanti – l’area è in ottima posizione e forse qualche acquirente si riesce ancora a trovare per gli appartamenti “nel verde” – giustifica il carico di cemento ulteriore con la bella leggenda: lì sorgerà la nuova caserma dei Carabinieri.
Siccome vogliamo proprio costruirla – deve aver detto ai consiglieri comunali creduloni che poi hanno votato la variante– e farla anche bella grossa perché possa ospitare tanti bei Carabinieri, dobbiamo caricare di cemento l’area più del normale”. Se qualcuno avesse trovato da ridire, ecco pronta la renzata: “Sarete mica contro una realizzazione che renderebbe Grugliasco più sicura?”. E loro hanno votato, come sempre. Sono il branco personale del sindaco, mica scherzano.
Passano circa due anni, i palazzi sull’area cominciano a crescere ma… sorpresa: la caserma non si fa più!

L’ASFALTATURA

Il fine giustifica i mezzi, sosteneva un importante toscano del passato, ma davvero i “diritti degli altri” possono essere uno strumento per far fuori gli avversari? Chi sta rottamando cosa?

Confesso che l’idea che Renzi abbia “asfaltato” l’immarcescibile ceto politico del PD – lo stesso che ha determinato con il suo inciucismo le condizioni per la sua rapidissima conquista del partito e del governo, lo stesso che sembrava ancora capace di perseverare nei guasti che ha prodotto in questi troppo lunghi anni - mi ha fatto fremere di piacere. Vedere i dalemi e soci arrancare e annaspare di fronte alle spallate di Mr Bean mi ha anche dato la dimensione dell’equivoco in cui siamo incappati e rotolati per anni: li credevamo uomini e donne di Stato, sovente li criticavamo, mai però abbiamo pensato che non operassero per il bene comune e sulla base di ragionamenti e strategie a lungo studiate e frutto delle migliori menti del paese. Tutte balle: come tutti gli altri, hanno pensato, nell’ordine, a sé stessi, al loro amici, alla ditta e… se avanzava qualcosa, allo Stato. Come il loro discepolo, quello che si è appena vantato di averli asfaltati.
Hanno passato la vita a tessere tele complicate nelle quali la parte del ragno l’ha sempre fatta qualcun altro, le vittime erano sovente i loro affezionati elettori, italicamente votati a farsi prendere per fame, ciclicamente drogati con gli alti valori del solidarismo e del socialismo. Uno sventolio di bandiere rosse, qualche richiamo alla dottrina sociale della chiesa e tanto magone hanno condito questa lunga stagione nella quale ci spiegavano, un giorno sì e l’altro pure, come stare al mondo, come pensare e come votare. Prima che Renzi li asfaltasse, hanno asfaltato ogni forma di dissenso (ricordate Veltroni l’africano?), ogni germoglio di nuova sinistra, ogni barlume di spirito critico scegliendo le liste bloccate e la fedeltà del cane col padrone; eppure questo paese ne avrebbe avuto tanto bisogno, ma rischiavano troppo per operare diversamente da come hanno fatto. Adesso siamo all’epilogo, Renzi ha imparato come si fa e opere su di loro. Su di loro? Siamo proprio sicuri?

La resa dei conti all’interno del PD, in realtà, ha una vittima certa: i lavoratori e il lavoro. Non per una questione di principio intorno a un articolo già sufficientemente sgonfiato della sua portata effettiva, ma più semplicemente perché ha costretto il paese a schierarsi non già a mirare i fallimenti di questi politici, che il lavoro l’hanno ammazzato, ma i pochi diritti di chi ancora ce l’ha. Renzi li ha trasformati in “privilegi”, che impediscono alle aziende di dare lavoro ai giovani. Ben sostenuto dai mass-media, ha costruito un conflitto fra generazioni e persone che non esiste, ma che monopolizza discussioni e ragionamenti da ormai un mese.

L’epilogo della faccenda ancora non lo conosciamo, di certo il lavoro esce ancora una volta pieno di lividi, utilizzato da un giovanotto di belle speranze e di tanto cinismo per asfaltare i compagni di partito, al fine di sottrarre loro il potere residuo per distribuirlo ai suoi amici. E’ il degno esito di un paese che – pur consapevole di ciò che accade e di ciò che potrebbe accadere prossimamente – preferisce continuare a scegliere gente e organizzazioni così.
Le alternative possibili si sono rivelate l’altra faccia della stessa medaglia, della stessa inconsistenza, forse con un po’ di coraggio in più. Senza un’alternativa, inutile rimproverare agli elettori le scelte sbagliate, sono le uniche possibili. Senza un’alternativa, il paese va a fondo e sottacqua anche l’asfalto si sgretola.

Chi asfalterà l’asfaltatore?

Mariano