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FLAT GENERATIONS

Il mondo ha perso una dimensione, la profondità. Le generazioni si incontrano, si scontrano, si confondono e di scambiano. E noi?
Il paradigma del blues
Professore, ascolti questo! Una vera figata, è appena uscito. Nuovo nuovissimo, riprende il blues elettrico delle origini, ma in modo infinitamente più moderno e attuale…”, mi dice uno studente di quinta a cui piace la musica e che sa della mia passione per il blues. Lo interrompo per sapere di chi sta parlando, e, mentre mi sporge un auricolare per farmi ascoltare la sua scoperta musicale, riprende:
E’ un americano, bravissimo, si chiama Seasick Steve, ascolti anche lei! Sono sicuro che le piacerà”. Adesso, con l’auricolare in condivisione, ho capito e sto per dargli una delusione. Cerco di mitigare il colpo e con aria partecipe gli faccio: “Seasick Steve ha 73 anni, suona da una vita e ha calcato le scene con i principali gruppi rock e blues, quelli della mia generazione. Hai presente i Led Zeppelin? Ha suonato anche con loro, ma solo adesso è diventato famoso…”.
Pensavo di sconvolgerlo, invece niente, non batte ciglio a sentire l’età del vegliardo con la chitarra elettrica in mano. Per lui è normale va bene così, riesce ad appassionarsi a quel suo potenziale nonno americano come se fosse un coetaneo particolarmente dotato in fatto di tecnica chitarristica e anima nera da bluesman. Manifesto apprezzamento per i suoi gusti, gli consiglio di ascoltare la buonanima di Costello – non Elvis, Sean: un fenomeno –, ma non riesco a non dirgli:
Possibile che a voi giovani piacciano solo i vecchi? Gruppi, artisti e altro? Non ce li avete i vostri, quelli delle vostra generazione? Perché dovete ricorrere ai nostri?”.
Sguardo attonito – al prof si è fuso il cervello – e rapida retromarcia da parte mia. Siamo noi vecchi che associamo musica, usi e costumi, alle generazioni che passano, ognuno i suoi. Da almeno vent’anni le generazioni si sono appiattite: gli adulti hanno preso a vestirsi come i ragazzini e quest’ultimi a mutuare dai genitori mode, comportamenti, gusti musicali e stili di vita come se fossero i loro, come se non servisse più scandire il passare del tempo con simboli delle fasi della vita e delle generazioni che scorrono.
Adulti sempre più vecchi fanno la vita dei ragazzini, solo con più soldi, si tatuano in ogni dove, assumono linguaggi e pose dalle generazioni venute dopo. Queste ascoltano i Pink Floyd e le infinite riedizioni di plastica delle mode musicali degli anni ‘70 e 80, le ultime ad aver prodotto innovazione, trasgressione, identificazione fra musica e speranze di cambiamento o disperazioni da fallimento.
Le generazioni si appiattiscono fino a perdere la dimensione della profondità – sono diventate flat -nello stesso modo in cui passato e futuro sono diventati fastidiose appendici del presente. A che serve occuparsi del domani se tutto si svolge in un eterno oggi? Nel quale, se ci accorgiamo di invecchiare (dunque di cambiare), andiamo alla ricerca del camuffo, del trucco per fare in modo che non si veda…
Siamo diventati tutti uguali, vecchi e  giovani, chissà se è un bene o un male. Forse è l’effetto del blues, la musica del diavolo. Ma quel mio studente, che bei gusti che ha!
Mariano
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