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LA DATA E LE REGOLE

Prosegue con continui colpi di scena la telenovela sul prossimo congresso del PD
Trucchetto scherzetto
In pochi avrebbero previsto una manfrina sul congresso PD come quella a cui stiamo assistendo in questi tempi grami: non riesco a ricordare in quale film c’è quella scena in cui tutti si muovono in sincrono e rasenti il muro perché ciascuno dei personaggi pensa che, se solo si distrarrà, uno degli altri gli farà qualcosa di terribile. O anche qualcuna delle scene più esilaranti in cui evasi fuggono incatenati, perciò costretti a dipendere tutti l’uno dall’altro, ben consapevoli che diversamente sarebbero finiti.
Qualcosa di simile anima il gruppo dirigente del PD: incatenati l’uno all’altro, timorosi di essere trascinati a fondo dai soci di avventura eppure incapaci di fare qualcosa per liberarsi, magari perfino concedendo qualcosa agli altri.  Così il timore dello sgambetto del  “compagno” o dell’”amico” paralizza la dignità, annulla il coraggio e induce i più a cercare il riparo sotto “l’interesse del partito”, concetto tardo bolscevico che di guai ne ha già prodotti non pochi.

Come interpretare sennò la vicenda della scelta della data del Congresso e delle regole che lo devono fondare? Si riunisce il Gotha del partito - un partito che ha appena perso elezioni che aveva già vinto e che governa con l'avversario da sempre - la presidente dell’assemblea indica una data (ovviamente non se la sarà inventata lei, cercando fra quelle libere dai suoi impegni), così placa i rivoltosi che temono manovre dilatorie per impedire la loro azione di scalata del partito. Finita l’assemblea, della data non v’è più traccia: rimangiato tutto. Ovviamente i rivoltosi strepitano, rilasciano interviste al fulmicotone e minacciano fuoco e fiamme.
Delle regole, per ora, non si parla ancora. Cioè, se ne parla, ma non si decide. La stessa cosa che per la data.

Questo paese – ogni tanto lo dice anche qualche autorevole esponente del PD – ha un gran bisogno di serietà e deve soprattutto uscire dal berlusconismo che ha segnato lacerazioni in tutto il tessuto sociale di cui solo adesso cominciamo a vedere la profondità. Il primo elemento per dare serietà a processi politici e sociali di rilievo è la certezza delle regole: essere stabiliscono i confini del contendere, garantiscono tutti coloro che partecipano (e anche quelli che assistono) che oltre quel limite non si va, che sono preservati quelli che vincono, ma anche quelli che perdono e che, soprattutto, chi partecipa violando le regole è fuori.
Vedere gente autorevole e potente che utilizza trucchetti da gruppuscolo (me ne intendo, non di trucchetti, ma di gruppuscoli) per impedire che un partito importante come il PD si dia, se riesce, quella caratura e quella fisionomia che serve a cambiare l’Italia, mi fa dubitare parecchio delle possibilità di successo.
Le ipotesi politiche che non si condividono si battono prima ascoltandole, poi contrapponendone altre, cercando il consenso e prendendo atto dell’esito. I trucchi, come rinviare da scelta della data o non definire le regole di partecipazione, servono a chi ha in mano il partito per cercare di predeterminare l’esito del confronto politico operando al di fuori del rispetto reciproco, che non può mancare fra soggetti che fanno parte dello stesso partito.
Sennò vuol dire che sono tenuti insieme dalla gestione del potere e basta,.
Non è berlusconiano tutto questo? Ce lo ha insegnato lui in questi vent’anni che le regole servono perché i fessi le rispettino, i furbacchioni le adoperino per il verso giusto e gli altri le sentano come un'imposizione asfissiante, per mettersi nelle mani di chiunque prometta loro che li libererà.

Mariano
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