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LE BANCHE E L'ECONOMIA REALE

Il ruolo delle banche nella crisi economica dell'Italia. 
Qualche osservazione empirica.

Come molti di voi sapranno, da sei anni mi occupo di un consorzio di 29 piccole imprese (in tutto circa 5/600 dipendenti) di cui mi onoro di essere presidente tuttofare. In tanti, quando lo vengono a sapere, mi guardano strano, considerando questa mia attività del tutto anomala rispetto alla sfera dei miei interessi, delle mie conoscenze e delle mie caratteristiche.
Hanno ragione i miei amici quando sostengono che dedico troppo tempo ed energie a tenere all'onore del mondo il consorzio, mentre dovrei invece dedicarmi di più e meglio alle cose che mi sono proprie... ma hanno anche torto. Infatti il consorzio - oltre che fonte di soddisfazioni e mal di pancia - mi permette di godere di un punto di osservazione privilegiato su un mondo, quello dell'attività economica privata, con il quale i miei amichetti di sinistra sovente ci azzeccano davvero poco.
Il modus operandi delle banche è un bel saggio di come va questo strano paese e di come non si dovrebbe fare....

Fino a due anni fa circa... gli operatori finanziari vendevano, insieme ai prodotti avvelenati tipo Parmlalat, finanziamenti per qualunque cosa: le ditte erano invogliate ad indebitarsi anche quando non sarebbe stato necessario, impegnando immobili e macchinari in una corsa alla finanziarizzazione dell'economia della produzione. Ogni giorno arrivava qualcuno a proporre meccanismi sempre più complessi che illudevano il piccolo imprenditore trasformandolo in investitore:  il patrimonio dell'azienda diventava la sua capacità di indebitarsi, i lavoratori semplici "unità di risorse umane", assolutamente intercambiabili e licenziabili  e assumibili a piacere. Lo sanno anche le pietre che nelle piccole aziende i dipendenti sono il vero valore aggiunto, perché le sorti dell'azienda dipendono in larga parte delle loro prestazioni, dalla qualità del lavoro, dalla loro preparazione, della loro correttezza  e flessibilità; certamente in misura maggiore che nelle grandi imprese. Tuttavia la corsa alla vendita dei soldi ha contagiato tanti piccoli imprenditori e li ha spinti ad avventurarsi su un terreno improprio, mettendoli nella condizione di ripensare l'azienda in termini ben presto rivelatisi errati.

Ecco che arriva la crisi, le banche stringono i cordoni e costringono i più indebitati (sovente neanche quelli più a rischio fallimento) a rientrare precipitosamente. Alcuni imprenditori tappano i buchi impegnando il loro patrimonio personale, drogando così i conti dell'azienda e rimandando la resa dei conti quanto più possibile.
Il lavoro scarseggia, in tanti ordinano e sottoscrivono contratti, ma poi non pagano... insomma si naviga a vista e con la paura che arrivi il colpo di grazia quando meno te l'aspetti. I più disinvolti si organizzano un fallimento pilotato, in modo da lasciare il cerino nella mani dei creditori e salvare i beni di famiglia, i lavoratori sono già sulla strada e guardano con preoccupazione alla fine oramai prossima degli ammortizzatori sociali.
Degli operatori finanziari nemmeno l'ombra: sono tornati tutti dietro allo sportello della banca di provenienza a fare gli impiegati e a controllare le insolvenze delle carte di credito che hanno distribuito a piene mani o a pignorare gli alloggi di quelli che non riescono a pagare il mutuo. Dei bei tempi in cui il danaro girava come la droga da Lele Mora neanche il ricordo, tutti zitti e muti al riparo dei santuari dei soldi.

In questi ultimi mesi un accenno di ripresa nelle commesse si sta davvero verificando, ma servirebbe un po' di danaro vero in circolazione per sbloccare il giro dei soldi. Sarebbe questo il momento in cui servirebbe che le banche allentassero un pochino i cordoni della borsa per favorire liquidità e invece questo è il momento peggiore. Non un soldo esce dai santuari del danaro, almeno al livello delle piccole imprese di cui mi occupo.

E così, mentre Marchionne con le sue dichiarazioni scellerate genera lo scompiglio in un indotto FIAT gestito con metodi e tempi di pagamento da malavita organizzata, gettando nello sconforto le piccole imprese che si stavano faticosamente riprendendo (cosa volete che faccia la loro banca di una richiesta di finanziamento per le macchine quando il canadese impazza sui giornali nei modi che sappiamo?), andare in banca per chiedere due soldi per far girare l'economia è oramai diventato più difficile che scalare l'Everest.

Ma la politica si occupa d'altro e la banche anche. Avanti Piemonte, Forza Italia!

Mariano
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