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LA POLITICA FRA IL DIRE E IL FARE...

L'eterno conflitto fra la scorciatoia della testimonianza e i tentativi di cambiamento
Un anno e mezzo fa, sul numero di marzo 2009 di "Punto di Vista" scrivevo questo pezzo molto sofferto. Cercavo di dare conto di cosa significa per me l'impegno politico e della difficoltà con cui mi confronto con quelli che "non basta mai", che criticano sempre tutti, che sono più a sinistra, che l'avevano detto, che "sono tutti uguali"... : Eccovelo, credo che sia attuale anche adesso, anzi, forse di più.

Sono questi tempi difficili: per chi deve arrivare alla fine del mese mantenendo la famiglia, come per chi deve onorare le responsabilità e i compiti che la vita gli ha assegnato. Lo sono anche per chi ha il compito di governare, escogitando soluzioni e disegnando scenari intorno ai quali richiamare l'impegno di tutti.
In fondo a chi si occupa di politica si chiede soprattutto questo: disinteresse ai propri affari, massimo dell'interesse nei confronti delle cose di tutti, trasparenza formale e sostanziale nell'agire, capacità di costruire progetti che indichino la strada per costruire un futuro accettabile, migliore dell'oggi.
La sfiducia e la disistima verso i politici e la politica genera fenomeni di disaffezione che sottolineano quel distacco fra il paese reale e la sua classe politica, dal consigliere del piccolo comune al presidente del consiglio. Il paese reale rimprovera loro la sostanziale incapacità di occuparsi d'altro che dei loro interessi particolari invece che dell'interesse collettivo: di qui l'idea che il mondo della politica sia inutile quando non dannoso per il nostro paese. Pensare che tutti quelli che oggi si occupano di politica siano brutti e cattivi è sbagliato come lo è negare la crisi di rappresentanza in atto.

Forse i sistemi elettorali, forse il mondo dell'informazione, forse i meccanismi di selezione della classe politica, forse … sono tutti aspetti che certamente non contribuiscono a colmare quella distanza che tutti rileviamo. Immaginare di cambiare le cose, provarci per davvero, mettere coraggio e capacità al servizio del cambiamento, sono aspetti che vanno incoraggiati e sostenuti.

Attenzione, però, perché a volte la società civile organizzata corre il rischio di rafforzare la cattiva politica che dice di voler combattere. Vediamo come e perché.
La nobiltà della politica sta nella sua capacità di rappresentare idee, prospettive, scenari; sta nel confronto, qualche volta nello scontro, sta nella scelta di scegliere, di decidere dopo aver ascoltato, discusso e combattuto. Il prodotto di un metodo democratico - gestito da una politica nobile - è sempre una decisione discutibile, che sovente lascia tutti insoddisfatti perché tutti si aspettavano di più e di meglio, magari di veder riconosciute le loro istanze. Di sicuro tutti avrebbero voluto vincere. Invece sappiamo che molto spesso la decisione più controversa, combattuta e discussa finisce col tempo per essere anche la migliore, quella di cui tutti andranno fieri una volta sbollita la delusione di non aver visto recepite completamente le proprie istanze. Questo è la vera politica, questo è quello che il mondo dei politici non fa quasi più, preso com'è da accordi poco chiari, da giochi di corrente e da battaglie personalistiche.
Molti oggi confondono il fare politica con il fare testimonianza, vale a dire ripetere ossessivamente le proprie buone ragioni indipendentemente dagli effetti che esse producono sul mondo circostante: sono No questo o No quello e mi basta rappresentare al meglio questa posizione, tanto le decisioni si prendono altrove e posso farci davvero poco.
Mentre gli ostinati No qualcosa continuano a curare la verginità della propria proposta depurandosi progressivamente di quelli tra loro che manifestano dubbi sull'integralismo e qualche timida disponibilità ad ascoltare le ragioni degli altri, intorno a loro continuano ad andare avanti i progetti devastanti della cattiva politica. Ogni tanto organizzano una serata di celebrazione della verginità politica, invitando i loro guru che ascoltano a bocca aperta mentre snocciolano idee, tanto condivisibili quanto ininfluenti sui cattivi progetti.
Così, quando essi dispiegheranno i loro effetti, magari dopo parecchi anni, potranno passarci davanti e affermare con orgoglio: “Noi eravamo contrari”. Amen. Questa idea della politica può essere nociva quanto la tanto vituperata cattiva politica dei palazzi. Essa va rispettata e ascoltata, ma non va assecondata perché non produce cambiamenti, quasi mai riesce a intervenire per migliorare le cose. Quando non si riduce ad una sommatoria di luoghi comuni, può tornare utile forse in funzione di un'educazione delle coscienze e per promuovere cultura sul lungo periodo, ma non per l'azione politica.
Le opzioni politiche nette sono più affascinanti, più semplici, più interessanti e anche più capaci di dare sfogo alla rabbia di chi vorrebbe essere ascoltato e compreso. Devono fare parte della politica, ma le esperienze civiche non possono coincidere con queste: l'attività di chi si occupa del proprio territorio, dei problemi delle persone, dell'economia, del lavoro implica il confronto, l'accettazione dei tanti punti di vista come ricchezza della partecipazione, del rispetto verso chi la pensa diversamente, ma anche la necessità - dopo aver discusso e battagliato - di arrivare a delle conclusioni che cambino in meglio la situazione precedente.

Mariano Turigliatto
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