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40 mila in piazza per la scuola.

di Mariano Turigliatto

(foto da La Stampa)

 

Tanti erano quelli che sabato pomeriggio si sono ritrovati in piazza Castello e poi hanno sfilato lentamente (e con un bel disordine) lungo via Po, corso San Maurizio e poi di nuovo piazza Castello. Un fiume di gente: maestre, mamme, papà impegnati a fare la loro parte, attempati professori (come il sottoscritto), qualche politico, sindacalisti, studenti delle scuole superiori e bambini… tanti bambini. Di quelli che – secondo giornali e ministri – possono andare alla manifestazioni della destra, ma non a quelle della sinistra perché strumentalizzati.
Qualche cartello carino, il più bello: “Le mie maestre sono già uniche”, dichiarazione che vale da sola uno scatto di anzianità. Una bella umanità, tanta gente che non vedevo da tempo, i miei colleghi di scuola, un mio professore delle superiori (incredibile) che mi ha insegnato la filosofia e a stare al mondo; tanti miei ex-allievi ora docenti o genitori.
Bello davvero, soprattutto perché ho sentito slogan irridenti ma non volgari, voglia di migliorare e non di conservare; ho sentito una gioia e una speranza come se l’essere lì avesse liberato tutti noi dal timore di un paese definitivamente ignorante. Ci si riconosceva quasi con sorpresa, felici di sapere che ci sono nuove famiglie armate di consapevolezze che non conoscevamo, giovani interessati a fare la loro parte non per combattere la Gelmini, ma per debellare pressappochismo faciloneria e ignoranza.
Il 14 ottobre 1980 a Torino in circa quarantamila marciarono quasi in silenzio, segnando la fine di di un’epoca e l’inizio di una stagione di declino industriale, di arretramento dei diritti, di sconfitta di utopie pericolose, ma anche di speranze importanti.
Mi piace pensare che la manifestazione di sabato – l’ottobre multicolore della scuola piemontese – segni l’inizio di una stagione di maggiore rispetto, di cooperazione, di attenzione all’istruzione, al merito, alla cultura come fonte di sviluppo economico e sociale. Di solito ci prendo.
 
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