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GIOVENTU: UN GREGGE DI PECORONI?.

Anteprima

di Patrizio Brusasco

Le due recenti morti delle due giovani italiane che hanno perso la vita nel tentativo di divertirsi, sono il preciso e perfetto segno dei tempi di oggi. Sia chiaro, fin dal titolo, non si vuole dire che solo i giovani siano pecoroni, poiché la società di oggi mantiene l'indiscusso e indiscutibile primato di essere demente nel suo complesso - e non vi è persona, categoria o casta che si possa chiamare fuori - , ma resta indubbio come simili problematiche si indossino affatto meglio sulla ingenua effigie di un giovane che non sulla scorza di un uomo-donna adulti. E pensiamo poi a oggi come, tra adulti afflitti dalla sindrome di Peter Pan, giovani sempre più immaturi, che ritardano il loro ingresso in società, e anziani che rifuggono la violenza del tempo impietoso - tutti legati nel folle e dissacrante vano tentativo di allontanare la morte e la noia -, il quadro sociale che emerge sia decisamente dei più preoccupanti, ma non per questo capace di indurre a comportamenti diversi intergenerazionali.

Intanto la colpa di chi è? Stabilito che questi discorsi sulle più o meno presunte colpevolizzazioni o attribuzioni di responsabilità sono a mio parere senza senso e usurate - l'argomento è stato sviscerato in ogni modo e se è pur vero che non tutti recepiscono i concetti, il pensiero sociale ha introitato in maniera esaustiva vari punti di vista - non mi resta ormai che addossare la "colpa" ai diretti interessati. Nel senso che non ci si può più rifugiare nel "ma io non sapevo" oppure "è la società che è cattiva maestra" o ancora "al tempo d'oggi" e via dicendo con queste saghe e sagre dei luoghi comuni che veramente hanno nauseato, ancor prima che stufato, un po' tutti. Dunque la "colpa" al singolo, all'individuo che sceglie comunque e sempre, nel bene e nel male, in modo più o meno cosciente, di che morte - è il caso di dire - morire!

Che nel contempo l'individuo sia il prodotto dei tempi e dell'educazione che riceve, che a sua volta, guarda caso, è figlia dei suoi tempi - forse unico esempio nella millenaria storia della civiltà in cui l'accademia non si distingue più dall'agorà, e dunque il sacro dal profano, e il serio dal faceto - è altresì cosa arcinota, secondo una spirale che è difficile da fermare o da invertire. In cauda  venenum, dicevano i Latini, oppure "in fine moto velocior" per gli amanti dell'Apocalisse, ma certo è che mai come negli ultimissimi anni si è assistito a una escalation di devianze sociali irrefrenabili, che ci piaccia o meno.

Cosa poi singolare è che queste due "morti goliardiche", che rappresentano giocoforza l'enorme vuoto cher si cela nei meandri degli animi più insospettabili, fanno da contraltare, ironia della sorte, all'incontro planetario dei giovani cattolici in quel di Sidney, alla presenza del Santo Padre: un tempismo veramente eccezionale; un regista non sarebbe riuscito a fare di meglio! E allora si riscopre il tema della cultura della morte, le solite invocazioni ai giovani - gli adulti credo si lascino fuori perché ritenuti già del tutto persi! - di farsi testimoni dei valori fondanti l'essere umano e via di questo passo.

Nessuno di noi ha una vaga idea di quello che ci riserverà il futuro prossimo e venturo, ma credo che in cuor nostro proprio nessuno di noi possa dire di essere sereno, salvo prima sballarsi con qualche droga e rischiare di fare la fine delle due sventurate italiane.

 
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