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Sursum corda!.

di Eva Milano

Alcune testimonianze orali riportano che a Rivara, ameno paesino del Canavese profondo, le preghiere  in latino si recitavano così:

"Dies illa, dies illa, /cunta seculum favilla" (Dies irae, dies illa, /solvet saeculum in favilla)

"Et isere metisere /domini siniquitatibus eis" (Et ipse redimet Israel, ex omnibus iniquitatibus eius)

"Santa Maria materdera" (Sancta Maria mater Dei)

L'uditorio, che il latino lo masticava molto poco, tendeva a storpiare la pronuncia di formule segrete dal significato del tutto insondabile, e l'effetto era quello di un grande coro che diceva cose insensate all'unisono e con la devozione di chi si accosta a un rito sacro.

Ora, sarebbe bello pensare che il nuovo afflato tradizionalista della Chiesa, ora che non siamo più poveri contadini, favorirà una rinascita culturale dello studio del latino, oltre a riportare in vita un'antica forma di culto preziosa, sacrificata in favore della facilitazione dell'approccio dei fedeli alla Messa. Ma non ci vuole molto a capire che non andrà così e soprattutto: saranno queste le esigenze primarie a cui la Chiesa deve rispondere? Va bene riportare in vita i morti, anche le lingue morte, ma a noi vivi chi ci pensa?

 
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