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Storie di famiglia.

di Eva Milano

Mio padre nacque nel 1939 in una borgata di montagna, da piccolo si costruiva da solo gli zoccoli di legno. Sposò una bella ragazza di campagna con gli occhi azzurri e un fisico da Lollobrigida. Nel '68 avevano due bimbi e lui lavorava come un matto in fabbrica per pagare i debiti del prestito che gli aveva fatto uno zio d'America. Nel '73 mia mamma prese la patente, pensando che fossero finite le grandi manovre, dopo essersi occupata di casa, bimbi, suoceri, orto, galline e conigli. Aveva voglia di indipendenza e di respiro, voleva trovare un lavoro fuori casa. Ed ecco che arrivo io, piccola bionda e tanto carina, a guastare la festa. E si ricomincia con i pannolini...

Ora capirete che i miei genitori non hanno avuto modo di dedicarsi alla lotta studentesca, tanto più che in un paesino di provincia gli anni caldi potevano essere tiepidi, per bene che andasse. Non sono andati a Woodstock, chi era Bob Dylan lo hanno scoperto tardi, non partecipavano alle manifestazioni in piazza.

Insomma, quello che voglio dire è che né papà né mamma hanno mai fumato una canna. Quindi se sui giornali si insinua l'ipotesi che un povero ragazzo sia morto ucciso da uno spinello, corriamo il serio rischio che ci credano.

Come loro ne conosco altri, non tantissimi per la verità, che non hanno avuto nessun tipo di esperienza diretta o indiretta con l'argomento e quindi sono facili prede di terrorismi disinformativi. Alziamo la soglia, abbassiamo la soglia, vediamo un po' come bisogna fare, ma nel frattempo non diciamo stupidaggini.

 
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